domenica, gennaio 28

What a Wonderful World

 ...ho perso i poteri durante l'ultima guerra, così mi hanno cancellato da qualsiasi registrazione, il mio gene X risulta inattivo.

Supina nel letto fissa il buio da ore, senza riuscire a chiudere occhio. Ogni fibra del suo corpo è tesa fino allo spasmo. Quei maledetti discorsi continuano a rimbalzarle nella mente. Dannato, maledetto Magnus. Perché non si era portato via tutto? Perché farle credere che la sua vita sarebbe tornata normale? 
Perché ad alcuni era stato concesso di farla finita con quel tormento e ad altri invece... 

- Doveva portarseli via tutti, fino all'ultimo. Allora forse davvero avremmo potuto ricostruire, un mondo decente, senza controllori e controllati, senza paura di parlare, di sapere, di capire, di conoscere, di dire, di fare, di essere. Un mondo normale. - 

Ancora uno spasmo di tensione le fa stringere i pugni e la fa gemere rabbiosamente, serrando i denti, mentre scalcia tra le lenzuola. Infine lo sente, dalle caviglie risale, dopo averle ricoperto i piedi, poi le gambe interamente, il bacino, il busto, le spalle, le braccia, il collo, il viso. Si inspessisce, si solidifica, le attraversa le viscere rendendole di pietra, smette di respirare. Vorrebbe smettere per sempre. E invece no. Pian piano si lascia andare, e lo strato adamantino recede, i polmoni tornano a incamerare aria, in respiri regolari. È più calma ora. Si raggomitola su un fianco, chiude gli occhi e finalmente il sonno.




sabato, gennaio 27

“Fate is a fickle bitch who dotes on irony”

Questa città mi prende proprio per il culo...

Sono andata in giro con Isabella, per cercare un appartamento adeguato alle nostre esigenze e alle nostre finanze.
Abbiamo cercato nei dintorni del Fairmount Park, avevamo sentito dire che ci fossero edifici recentemente ristrutturati a prezzi convenienti.
E in effetti la palazzina non è male, e la casa è perfetta. Forse internamente avrebbero potuto gestire meglio gli spazi, ma per noi due c'è tutto quello che serve.

Ma ecco, dopo aver firmato i vari documenti per metterci in lista per i controlli (meno male che almeno qui non è previsto il test del DNA) guardo l'indirizzo. Diamond Street? Sul serio? Di tutta una fottuta città di 400 kilometri quadrati dovevo finire ad abitare in Diamond Street? E in un edificio che si chiama Brownstones?

Beh, dopo questa mi pare più che evidente che se io detesto Philadelphia, il sentimento è reciproco.

E comunque, bellezza, dovrai rassegnarti, così come io ho fatto con te. Vorrà dire che ci sopporteremo a vicenda. Fammi posto. Ormai è questione di principio.



Mappa ingrandita

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venerdì, gennaio 26

Diamond

 Anno 2027

...qualora vi sia da assicurare alla giustizia i criminali irrispettosi delle leggi presenti nel Superhuman Control Act.

Si è svegliata presto, come ogni mattina, e nel sorseggiare il suo caffè ha letto le notizie sul cellulare. Ora, sotto la doccia, quella singola frase continua a rigirarsi nella sua mente.
Da quando ha messo piede a Philadelphia sembra che ogni cosa si sia rivolta contro di lei. Beh, quasi ogni cosa. Prima l'errore nella prenotazione dell'hotel, poi il tacco rotto, infine quelle poche parole "Non abbiamo più posti disponibili per le internship, Miss Jenkins, dovrà ritentare alla prossima sessione, oppure può fare domanda di assunzione e se supererà il colloquio entrerà a far parte del personale regolare". Le avevano anche dato i moduli.
A parte che lei un lavoro lo ha già, e poi... Test del DNA. Lo stramaledettissimo test dello stradannato DNA.

Esce dalla doccia con il disappunto stampato sul viso, nella piega contratta delle labbra scure, infila l'accappatoio nel vuoto di pensieri che la sola parola DNA sempre le scava nel cervello.

Infine è davanti allo specchio. Lascia cadere l'accappatoio e si guarda. Osserva quel corpo statuario, la pelle ebano, che lentamente si va ricoprendo di quelle che in principio sembrano scaglie, poi assumono pian piano maggiore consistenza, mentre si espandono su ogni centimetro libero, persino sui capelli, increspati dall'umidità, finendo per divenire una superficie compatta di cristallo nero. Osserva a lungo le mille sfaccettature affilate che scintillanti riflettono la luce dei faretti dello specchio, non riesce a non subirne il fascino, suo malgrado. Stende la mano, raccoglie la limetta di metallo per le unghie, la posa di punta sul dorso dell'altra mano appoggiata sul lavandino e spinge, dapprima piano, poi con forza sempre maggiore, ancora, ancora un poco, fin quando non si spezza con il consueto tintinnio. Già, consueto, in quello che è per lei diventato quasi un rituale, una sorta di colpevole autoerotismo, da consumare in segreto.

Solo gli occhi sono ancora umani, quegli occhi cupi che si fermano in quelli riflessi per brevi istanti. Quando la pelle torna ad affiorare morbida sotto il cristallo che si va diradando li distoglie rapidamente, abbassandoli, poi si china a raccogliere l'accappatoio e va a vestirsi, per iniziare la sua nuova giornata.