sabato, settembre 29

Pain is not something to share

Rientra tardi, gli abiti stazzonati, umidi di pioggia, le scarpe e la borsa irrimediabilmente rovinati, il vetro del cellulare rotto, i capelli completamente spettinati. Getta scarpe e impermeabile dove capita, poi prende il cellulare, scorre la rubrica, seleziona un contatto, si siede sul divano e inizia a scrivere. Scrive per qualche riga, si ferma, rilegge, cestina il messaggio.
Riprende a scorrere la rubrica e guarda a lungo un contatto, prima di spegnere il display e lanciare il telefono sul divano, poi raccoglie le ginocchia tra le braccia, vi posa la fronte e inizia a piangere. Sola. 


 

domenica, settembre 2

Something Wrong

Non sto bene. Non so cosa mi stia succedendo.
Sono giorni che mi cola il naso, mi sento strana... e appena sbatto contro qualcosa mi vengono lividi impressionanti. Qualcosa non va.
Sono stata alla Limb Clinics come Black Diamond, per qualche accertamento. Ho la sensazione che c'entri quello che mi ha fatto Hayday. O almeno voglio poterlo escludere definitivamente.
E appena possibile sarà bene che vada dai Patriots per una sessione di allenamento. Da quella prima volta non ci sono più stata, e quel medico, Walker, mi ha messo il dubbio che la cosa possa evolversi in qualche modo. Devo ricontrollare tutte le mie capacità. Anche perché non posso restare inattiva ancora a lungo, sono ormai settimane che non esco per una ronda...


lunedì, agosto 13

Of wars, justness and justice

Eileen è cambiata.
L'ho incontrata oggi, lungo lo Schuylkill. Era camuffata, diversa, ma non era questo a farne una Eileen differente. 

Non ha quasi più niente della ragazzina spaurita e prostrata dai sensi di colpa, dall'inevitabilità di una vita che non voleva condurre, che faceva schifo a lei per prima. Ora è una giovane donna che combatte la sua personale guerra.
E non le ho fatto domande. Non voglio sapere. Perché sapere mi costringerebbe a prendere posizione, e non è una posizione che posso o voglio prendere. Non con lei.
Ma se c'è una verità che non posso negare, è che cento e mille volte preferisco per lei questa vita da "soldato" di una guerra mai dichiarata che quella da ragazzina succube e vessata, violentata nel corpo e nello spirito. Ora è padrona della sua vita, e pronta a viverla come le sembra più giusto. E non è quello che cerchiamo di fare tutti?
E io non lo so se davvero se la faccia con le Fenici, e io non so cosa abbia fatto o voglia fare.
Ma fin quando le Fenici sono in guerra con chi uccide civili innocenti, chi sono io per giudicare? Posso forse negare che uccidere 14 civili che non si difendono, mentre tentano di aiutare la città, equivale, in qualsiasi lingua di questo pianeta, a una dichiarazione di guerra? 

E posso forse negare che in un mondo senza leggi e senza schieramenti, se avessi Yale tra le mie mani vorrei affondargli io stessa una lama nello stomaco e vederlo agonizzare come un cane?
E quello di Eileen non è forse da sempre un mondo senza leggi? Nella sua vita le leggi non hanno mai avuto un senso, se non di qualcosa da temere per le loro conseguenze.
Ma nel mio mondo non è così, e non è mai stato così.
Nel mio mondo l'America è un Paese civile. E io sono una cittadina civile di un Paese civile. Ci sono delle leggi. E posso solo sperare che le leggi siano Giuste, come dicono di voler essere.




mercoledì, agosto 1

Two Faces

Aaron è un Patriot. Il più intransigente dei Patriot. Almeno tra quelli che ho conosciuto finora.
Non solo, è quello che mi ha detto che non sono obiettiva, che i miei articoli sono faziosi e che getto merda sul Governo e le sue leggi.

Proprio lui, quello che mi aveva detto che con il mio spirito e il mio lavoro avrei potuto fare la differenza.
E come potrei, se non dicendo queste verità scomode che lui ora giudica faziose?
Come potrei? Leccando il culo a un governo che promulga leggi ingiuste e a un Presidente che manda i suoi militari ad accertarsi che i poveracci e gli emarginati muoiano di stenti come devono?

Come. Come potrei o dovrei fare la differenza?

Proprio lui, che mi diceva quanto trovasse ingiusto tutto questo, e quanto avrebbe voluto che fosse diverso.

E invece no. Ora non c'è niente di ingiusto. Va tutto bene. È tutto come dovrebbe essere, e guai a parlarne. Sei faziosa.

Non riesco a riconoscerlo. O forse semplicemente non ci ho mai capito niente.








E ha pure un fottuto, splendido paio di ali!



sabato, luglio 28

Dear Sister #2

To: hilde.jk@aol.com
From: hljenks@aol.com
Subject:  

Ciao Hilde. 

Non ho idea se ancora controlli questo indirizzo. Spero di sì, che riuscirai a ricevere questa mail.
 
No, la mamma sta bene, se è quello a cui stai pensando. 

Lo so, non ho vinto il premio sorella dell'anno. Mai. Ma magari c'è ancora speranza, no? 

Ti ho pensato infinite volte nell'ultimo periodo. E non solo perché ora vivo a Philadelphia e perché ho conosciuto i tuoi amici. O almeno, alcuni di loro. Giusto un paio a dir la verità. 
In realtà sono altri i motivi. 

La morte di papà, innanzi tutto. 
Mi sono resa conto di quanto ti abbia odiato. Per quello che gli avevi fatto, sì, ma molto di più per come lui ti amasse, sempre e malgrado tutto. Più di quanto abbia mai amato me. O almeno così pensavo. Fino a quando non l'ho visto, quella maledetta sera. Quella sera ha allargato le braccia, ed è me che voleva stringere, diceva a me di volermi bene. Proprio mentre... Ma no, andiamo per gradi. 

Ho qualcosa da dirti. E non so come dirtelo. Non so da dove cominciare. 

Ho lasciato che tu ti credessi diversa, per tutti questi anni. Che ti sentissi sola. E l'ho fatto senza l'ombra di un rimorso. Almeno fino a quando non ho messo piede qui. Nella maledetta città dove il tuo potere si è risvegliato con prepotenza, dove hai deciso di frequentare quella scuola, di registrarti e di mandare all'aria tutto l'equilibrio stabile e fasullo della nostra famiglia. 

Credevo che l'avrei odiata. Che l'avrei lasciata il prima possibile. 

E invece pian piano mi sono resa conto di essere uguale a lei. Una città complicata, piena di orrori, di cose strane, ma anche di cose meravigliose, di gente che dà letteralmente la vita per gli altri, di panorami mozzafiato, di... tutto quello che rende la vita uno schifo, oppure degna di essere vissuta. 
E forse è così che siamo tutti. Compositi, complicati, ma degni di essere vissuti. Tutti noi, nessuno escluso. 

E io per anni ho rifiutato di viverti. Anzi, per meglio dire, ho rifiutato di vivere me stessa. E di conseguenza anche te. 
Perché alla fine è questo il motivo. Eri troppo simile a me. A quello che sono veramente, per poterti accettare. Ed eri troppo diversa, troppo simile a come avrei voluto essere, per poterti accettare. 
E per lo stesso motivo ho rifiutato Phil, spingendolo fuori dalla mia vita, nella vita di un'altra. 

Hilde, quello che sto cercando di dirti è che anche io ho il gene X attivo. Da anni, tanti anni. Ne avevo 11, quando me ne sono accorta per la prima volta. Ma non volevo e non potevo accettarlo. E l'ho fatto solo da quando sono qui, da pochi mesi. E in questi pochi mesi la mia vita è cambiata così tanto che... 
Sono registrata, ora. E no, non di mia volontà. Ma ho un lavoro che amo, una carriera, potremmo dire, e una casa, una vita. Insomma non potrei mai lasciare tutto come hai fatto tu, solo per vivere le mie convinzioni. 
Perché sì, sono più simili alle tue di quanto avrei mai potuto immaginare. 
Ma sto cercando di fare la mia parte. 

E questo è quanto. Non c'è molto altro da dire. O forse troppo di più di quello che si potrebbe scrivere in una mail. 
Sappi solo che ti voglio bene. Credo di avertene sempre voluto, a modo mio. 
E mi dispiace. Mi dispiace maledettamente tanto, per tutto quello che hai sofferto anche per colpa mia. 
Sappi solo che ho sofferto anche io. Forse in modo diverso. Ma forse è quello che continuo a fare. O che mi nego di fare. 
Non sono mai stata troppo brava con l'introspezione, è una cosa che odio. 
Spero che riuscirai a perdonarmi, prima o poi. 

Abbi cura di te.

Helen




domenica, luglio 22

Alone

Si è svegliata di nuovo. Non sa se sia giorno oppure notte inoltrata, ha perso la cognizione del tempo, e il tessuto nero trapunto di cristalli bianchi che le ricopre il viso e gli occhi non aiuta. Vede nitidamente, attraverso, ma non coglie questo tipo di particolari, complice la luce artificiale di quella stanza d'ospedale.
Sente il bip regolare dei macchinari attaccati a Oracle, lì accanto, la sente respirare regolarmente, lei resta immobile, con gli occhi ormai aperti a fissare il soffitto oltre la maschera. Ripensa alle scene del giorno precedente, all'esplosione che la investe e la fa volare, come una bambola di pezza, quando ormai non ha nulla a proteggerla. Ricorda l'impatto, il respiro che si azzera, il sapore di sangue nella gola, Flare che si trascina lì accanto, le sirene, il viaggio fino all'ospedale, sempre cosciente, poi la mascherina sul naso e quindi il vuoto. Fino al risveglio in quella stanza, qualche ora prima.

È sola. C'è Oracle, lì accanto, ma non è questo che intende. Intende Sola. Non c'è nessuno che possa avvertire, nessuno che sappia della sua doppia vita, a parte Phil, lontano miglia da lì. E in ogni caso è solo uno il viso che le si presenta alla mente. Forse perché l'unico collegato a quei luoghi, nella sua testa. Ci gira un po' intorno, ricorda quel bacio, quel sorriso, quell'abbraccio, poi chiude gli occhi. Meglio così. Che non lo sappia. Né lui né nessun altro. Si nasce e si muore soli. E si soffre anche. Soli. È molto, molto meglio.


 

domenica, luglio 8

Inside

Il primo vero intervento da vigilante.

Philip sarebbe fiero di me. Anzi, probabilmente lo sarà. E forse anche Hilde lo sarebbe.
Ma non se sapessero come sono davvero, come mi sento, quando mi trovo a combattere contro qualcuno che merita la mia violenza e la mia ira.
Non sono una brava persona come loro, o come Elizabeth, una che sa contenersi davanti a un criminale, una che ritiene che qualsiasi vita sia un bene prezioso, che ogni essere umano meriti una possibilità.
È quello che mi hanno rimproverato, per Eileen.
Beh non sono così. In Eileen ho visto una vita giovane, che non ha avuto altre possiblità che crescere nell'inferno, e ne è cresciuta alterata, forse in modo irreversibile. Ma ci fosse stata anche una sola possibilità, a 21 anni, quell'unica possibilità dovevo dargliela.

Ma quando ho davanti un criminale che mi aggredisce o aggredisce qualcun altro accanto a me, o anche solo mi ostacola... Beh, quello merita il peggio che ho da dargli. E non esito un istante a stordire con un calcio un uomo già a terra con le gambe spezzate, se anche solo la sua mente è in grado di ostacolarmi, e non esiterei a tranciargli la giugulare, se la mia vita o quelle di altri fossero a rischio. Ma ho il dovere di controllarmi, quando ho il tesserino addosso. Perché questo dice la legge degli Stati Uniti D'America.
Spero davvero di riuscirci sempre.