domenica, luglio 22

Alone

Si è svegliata di nuovo. Non sa se sia giorno oppure notte inoltrata, ha perso la cognizione del tempo, e il tessuto nero trapunto di cristalli bianchi che le ricopre il viso e gli occhi non aiuta. Vede nitidamente, attraverso, ma non coglie questo tipo di particolari, complice la luce artificiale di quella stanza d'ospedale.
Sente il bip regolare dei macchinari attaccati a Oracle, lì accanto, la sente respirare regolarmente, lei resta immobile, con gli occhi ormai aperti a fissare il soffitto oltre la maschera. Ripensa alle scene del giorno precedente, all'esplosione che la investe e la fa volare, come una bambola di pezza, quando ormai non ha nulla a proteggerla. Ricorda l'impatto, il respiro che si azzera, il sapore di sangue nella gola, Flare che si trascina lì accanto, le sirene, il viaggio fino all'ospedale, sempre cosciente, poi la mascherina sul naso e quindi il vuoto. Fino al risveglio in quella stanza, qualche ora prima.

È sola. C'è Oracle, lì accanto, ma non è questo che intende. Intende Sola. Non c'è nessuno che possa avvertire, nessuno che sappia della sua doppia vita, a parte Phil, lontano miglia da lì. E in ogni caso è solo uno il viso che le si presenta alla mente. Forse perché l'unico collegato a quei luoghi, nella sua testa. Ci gira un po' intorno, ricorda quel bacio, quel sorriso, quell'abbraccio, poi chiude gli occhi. Meglio così. Che non lo sappia. Né lui né nessun altro. Si nasce e si muore soli. E si soffre anche. Soli. È molto, molto meglio.