lunedì, agosto 13

Of wars, justness and justice

Eileen è cambiata.
L'ho incontrata oggi, lungo lo Schuylkill. Era camuffata, diversa, ma non era questo a farne una Eileen differente. 

Non ha quasi più niente della ragazzina spaurita e prostrata dai sensi di colpa, dall'inevitabilità di una vita che non voleva condurre, che faceva schifo a lei per prima. Ora è una giovane donna che combatte la sua personale guerra.
E non le ho fatto domande. Non voglio sapere. Perché sapere mi costringerebbe a prendere posizione, e non è una posizione che posso o voglio prendere. Non con lei.
Ma se c'è una verità che non posso negare, è che cento e mille volte preferisco per lei questa vita da "soldato" di una guerra mai dichiarata che quella da ragazzina succube e vessata, violentata nel corpo e nello spirito. Ora è padrona della sua vita, e pronta a viverla come le sembra più giusto. E non è quello che cerchiamo di fare tutti?
E io non lo so se davvero se la faccia con le Fenici, e io non so cosa abbia fatto o voglia fare.
Ma fin quando le Fenici sono in guerra con chi uccide civili innocenti, chi sono io per giudicare? Posso forse negare che uccidere 14 civili che non si difendono, mentre tentano di aiutare la città, equivale, in qualsiasi lingua di questo pianeta, a una dichiarazione di guerra? 

E posso forse negare che in un mondo senza leggi e senza schieramenti, se avessi Yale tra le mie mani vorrei affondargli io stessa una lama nello stomaco e vederlo agonizzare come un cane?
E quello di Eileen non è forse da sempre un mondo senza leggi? Nella sua vita le leggi non hanno mai avuto un senso, se non di qualcosa da temere per le loro conseguenze.
Ma nel mio mondo non è così, e non è mai stato così.
Nel mio mondo l'America è un Paese civile. E io sono una cittadina civile di un Paese civile. Ci sono delle leggi. E posso solo sperare che le leggi siano Giuste, come dicono di voler essere.