lunedì, maggio 14

Past and Future

Sono seduti al tavolo di un elegante ristorante del centro. Un uomo e una donna, sorridono, parlano, sembrano legati da una solida confidenza e ricordi comuni. Pasteggiano a ostriche e acqua minerale...


E ti ricordi quando tornavamo da quel concerto alla Oracle Arena e la macchina si è fermata nel bel mezzo della Nimitz? E dovevi anche andare in bagno...


Ridono entrambi.


Sì... - è lei a rispondere, senza smettere di ridere - E io volevo tornare in autostop, mentre tu ti rifiutavi di lasciare lì la macchina. E alla fine hai dovuto seguirmi per forza, perché ho alzato il pollice e già si stava fermando un camion...

Già. Eri tutta matta.

No. Dovevo solo andare in bagno. Da morire.
- afferma, per poi tornare a ridere di gusto, scuotendo la testa.


Gli occhi accesi studiano i lineamenti di quell'uomo ben vestito, che la guarda come ha sempre fatto.
Come ha sempre fatto. Lo nota solo ora. E questo fa sfumare un po' il sorriso, mentre abbassa gli occhi e si rifugia nel bicchiere.

Non gli è sfuggito, la conosce troppo bene. La osserva, poi -
Helen. Scusami se ti ho cercata.
Forse non avrei dovuto. Ma per me era troppo importante.
Ho... qualcosa per te.


Lei increspa la fronte guardandolo.


No. Non ce l'ho qui con me. Ti ci porto appena abbiamo finito - le assicura col suo solito sorriso. Il resto della cena scorre via serenamente, anche se con qualche momento di silenzio di troppo.

È con la sua macchina sportiva che al termine della cena lasciano il ristorante per raggiungere il Porto. Parcheggia nei pressi della zona turistica e da lì si avviano a piedi, tra i piccoli negozi ed i locali.  Le prende la mano, e inizia a condurla per i vicoli, lasciandosi alle spalle le luci e il viavai, fino a una palazzina anonima. Lei lo guarda corrucciata, non capisce, ma lui si porta l'indice alle labbra, chiedendole di fare silenzio. Estrae una chiave, apre una porta, e sono all'interno. Un vestibolo semplice, male illuminato, scale che salgono al primo piano, scale che scendono alla cantina, una fila di cassette della posta un po' malandate.



Phil ma... - prende a domandare piano, ma lui ancora una volta le fa segno di tacere. La sua mano si posa in un punto del muro, e un pannello scorrevole scompare nella parete, creando un varco.


Dopo di te.


Lo guarda sconcertata, ma lo attraversa. Si fida di lui ciecamente. Da sempre.
Sono entrambi dall'altra parte, quando il pannello si chiude e luci al neon si accendono su una scala che conduce al sottosuolo. Percorrono insieme la scala, una struttura in metallo e led decisamente diversa dal contesto esterno, fino a una porta blindata in metallo, priva di maniglie o serrature, affiancata da un dispositivo per la scansione della retina. Phil si fa avanti, il dispositivo lo riconosce, la porta si apre.



Salve Philip - una voce risuona nel silenzio, facendo trasalire Helen, ma ci mette meno di un attimo, mentre le luci si accendono, a capire che si tratta di una IA.


Salve Jade. Questa è Helen. Helen Jenkins.

Salve Helen
- la stessa voce femminile e chiaramente sintetica.

L'interno è spazioso, fin troppo. Un tavolo rotondo, circondato da sei sedie, un angolo cottura del tutto accessoriato. Da questo ambiente si accede a un corridoio a vista, separato dalla sala centrale per mezzo di una paratia bassa e una parete in vetro temperato antiproiettile, che circonda interamente la sala. Helen segue l'uomo stordita.



Mi spieghi dove siamo, Phil?


A lato del corridoio si aprono diverse porte scorrevoli. Un magazzino/dispensa completamente rifornito, una piccola camera accessoriata di due cuccette, armadio, scrivania, bagno, altra camera simile, un'infermeria, altro bagno, una sala relax con attrezzi da palestra e vasca idromassaggio. Infine un'ultima stanza, anche questa protetta dallo scan retinico. Philip si ferma, fronteggiandola.

Helen... Io... Volevo dirti che ho saputo.

Cosa hai saputo?

La tua... registrazione.



Increspa la fronte un istante, poi capisce, ma con grande sorpresa dell'uomo incurva un sorriso.


Sei uno stalker.


Lui ride, forse più di sollievo che altro, le cinge i fianchi e l'attira a sé. Lei non riesce a evitarlo, non mentre guarda nei suoi occhi. E neppure riesce a evitare quel bacio, o forse non vuole. Forse è Phil il primo a tirarsi indietro, forse lei, o forse lo fanno entrambi, contemporaneamente. E probabilmente per lo stesso motivo, evidente negli occhi dell'uno con una sfumatura colpevole, negli occhi dell'altra come un'ombra di dispiacere, la consueta vaga chiusura.

Perché mi hai portata qui, Phil?

Lui non risponde subito. Lascia che il dispositivo gli scansioni la retina, si sente lo sblocco della porta metallica, ma questa non si apre.

Apri la porta, Jade.


La porta scorre lasciandoli entrare, e nel varcare la soglia le luci al neon si accendono. Una luce prevalentemente bluastra, per non affaticare gli occhi. La stanza non è molto grande. C'è una scrivania ampia e una console.



Questa dà accesso manuale al sistema Jade e a tutti i controlli del rifugio - le spiega, sfiora poi alcuni comandi manuali, facendo apparire diversi schermi - E quelli sono i monitor delle videocamere poste all'esterno, nel corridoio e vicino alle tre uscite. Mentre su quello schermo grande Jade può trasmettere dalle varie videocamere open che si trovano in giro per la città. - Ma l'attenzione di Helen è completamente concentrata su una tuta nera appesa in una teca illuminata, in fondo alla stanza. Interroga l'altro con lo sguardo, e lui la invita ad avvicinarsi.


Te l'ho detto. Ho saputo della tua registrazione. Tu lo sai qual'è il mio pensiero, lo hai sempre saputo - lo ascolta in silenzio, la mente alle interminabili discussioni sul come e il perché secondo lui i mutanti erano un bene per l'umanità e su come fosse convinto che ognuno di loro avrebbe dovuto impegnarsi per la difesa delle città e di come lui lo avrebbe fatto, se avesse avuto un qualsiasi potere. Il fatto che lo facesse già, e che fosse un mutante, lo aveva saputo solo diverso tempo dopo, quando aveva deciso di dirglielo, subito prima di chiederle di sposarlo... 

Solo la sua voce interrompe il flusso dei suoi pensieri.


Helen? Mi stai ascoltando?

Come? Sì. Sì certo ti ascolto.

Quindi? Hai capito? Perfettamente integrata. È in grado di percepire la variazione cellulare e adeguarsi, prendendo le caratteristiche della tua pelle e di fatto divenendone parte.



Lei lo guarda sconcertata.


Indispensabile, perché il tuo potere di rifrazione, e anche la superficie abrasiva di cui puoi disporre sarebbero notevolmente ridotte da qualsiasi altro tipo di abbigliamento. Inoltre...

Potere di rifrazione? Ma di che accidenti stai parlando?


Non capisce, non riesce a stargli dietro, è tutto troppo veloce.

Helen... Ma davvero non hai idea di quello che puoi fare? - la guarda stupito - Non ti sei documentata nemmeno un poco?

Lei scuote appena la testa, tornando a guardare la tuta, e la maschera appesa lì accanto.


Indossale Helen - la invita - Ti prego.


Lei ancora non si muove, continua a fissarlo.


Helen. So che hai il chip disattivato, per il virus.

Perfetto, sai anche questo...
- inizia a spazientirsi, ma si limita a storcere le labbra, scuotendo la testa.


Indossale. Almeno una volta. Ora. Devo farti vedere come funziona, e quello che puoi fare davvero.


Lei lascia andare un sospiro e si arrende. Raramente è riuscita a negargli qualcosa. Forse solo l'unica che lui volesse davvero: diventare sua moglie.
Prende la tuta e gli stivaletti annessi e va a cambiarsi, rientrando poco dopo.



Helen... sei...


Lei storce le labbra, dietro la maschera di tessuto e cristalli che le ricopre interamente il volto.


Mi sento ridicola.

Ridicola? Sei uno spettacolo. Ma aspetta di vederla in funzione...



Un sospiro rassegnato - Che devo fare?

Attiva la mutazione.

Adesso? Qui?

No, se vuoi andiamo in JFK Plaza. O in Boathouse Row, dove preferisci?



Riesce a farla sorridere, anche in queste circostanze, ma lui non può saperlo. Guarda ai suoi occhi, china il viso. Non lo ha mai fatto davanti a qualcun altro, e non è affatto facile per lei, ma alla fine evita di guardarlo e come sempre si concentra solo sulla sua mano destra. Rapidamente la pelle cambia di spessore e consistenza, trasformandosi nella corazza inscalfibile che ormai inizia ad accettare come parte di sé. Appena inizia la mutazione, la tuta ha una mutazione analoga e cambia struttura cellulare, andandosi a fondere in tutto e per tutto con l'altra superficie adamantina.
Lo sguardo di Phil è affascinato e fiero.



Eccezionale...  Aspetta! - si affretta poi a dirle - Ora. Cerca di concentrarti. I diamanti che ti ricoprono puoi controllarli. Puoi renderli più spessi, più taglienti, ma anche più rifrangenti, molto più rifrangenti. Ma non durerà molto, quindi controlla i tempi - intanto estrae dalla tasca un paio di occhiali da eclissi, che va a infilarsi, facendole scuotere la testa - Forza. Provaci.


Helen in un primo momento rimane interdetta, poi sospira e cerca di concentrare l'attenzione sulla superficie della propria pelle, fusa con la tuta che la ricopre. Inizia a sentirla, ad avvertirne le caratteristiche, sente crescere una strana euforia, la sensazione di poter assorbire la luce e rigettarla indietro, ed è un istante: un lampo di luce accecante si riflette dal suo corpo, illuminando per un attimo a giorno tutta la sala.


Grandioso! Ci sei riuscita al primo colpo Helen!



L'entusiasmo di Phil è pari forse soltanto alla confusione della ragazza. Si guarda le mani, le braccia, il corpo. Non riesce a credere a quello che ha appena fatto.


Phil io... - ma non dice altro, solo lascia la stanza, tornando poco dopo con la tuta ripiegata sul braccio. Gliela restituisce.


Lui la guarda in viso.



Helen... Tutto questo... So come sembra, ma ti prego. Io voglio solo che tu prenda in considerazione questa cosa. E voglio che tu abbia qualcosa di mio. Qualcosa che un giorno potrebbe fare la differenza. Non deve essere domani. Né tra una settimana. Potrebbe essere mai. Anche se spero che non deciderai di gettare via la possibilità di fare la tua parte.
Forse tu credi che il tuo potere sia utile solo per proteggere te, ma non è così. Potresti proteggere molte persone. Potresti fare la differenza Helen. Fare qualcosa per rendere migliore questa città. Ti chiedo solo di pensarci. Ti prego.



Non può negarglielo. Annuisce, ma quasi non riesce più a guardarlo in viso, almeno fino a quando non lo fa per dirgli - Okay. Ora andiamo, per favore.


Non era la risposta che Phil sperava, ma acconsente, riuscendo solo a convincerla, prima di andare, a farsi scansionare la retina per aggiungere i suoi dati biometrici ai controlli.

Potrai cancellare i miei quando e se deciderai che tutto questo sia tuo.


Aziona il comando e la porta si apre.


Arrivederci Phil, arrivederci Helen - le luci si spengono alle loro spalle.


Arrivederci Jade.

Ciao Jade.



Ed è ancora con questo tumulto nella testa che, dopo aver salutato Phil sotto casa sua, Helen si trova tra le mani l'ennesima lettera anonima, un numero di cellulare, e una lunga nottata insonne da superare.