sabato, maggio 12

Digging deep

È un po' che guardo questo cursore lampeggiante. Mi chiede di scrivere, e io voglio scrivere. Ma è più difficile di quanto pensassi.
Troppo difficile.
Le cose che vorrei scrivere sono in profondità, molto in profondità, e tirarle fuori fa male.
Eppure è quello che voglio fare. Tirarle fuori, sporcarmi le mani, guardarle in faccia una volta per tutte.

Sentire la voce di Phil ieri è stato come ritrovarmi catapultata indietro di sei anni. Ritrovarmi innamorata di un uomo stupendo, il cui unico errore è stato amarmi, e dirmi tutta la verità, in un momento in cui non ero pronta ad accettare le mie, di verità, figuriamoci quelle degli altri.

E poi girare per la città, in questi due giorni, con l'attenzione al massimo, e invece di documentare moti, disordini e violenze, come mi aspettavo, cogliere gli istanti. Un oggetto sospeso a mezz'aria, una fiammella tra le mani vuote di un ragazzo, una corsa folle nella notte, per prendere un autobus in partenza, gli occhi sorridenti di chi si sente libero, due splendidi angeli che solcano il cielo. Veloci, troppo veloci, perché ora sono liberi di farlo, ma non autorizzati. Non ancora.

Lo saranno mai? Non lo so.

Ho passato la vita intera a temerli, e a disprezzarli. A disprezzare tutto quello che rendeva gli uomini "diversi". A detestare mia sorella per quello che era, prima, e per quello che aveva deciso di essere poi. A disprezzare me stessa. A provare ribrezzo per quello che mi teneva al margine, separata da ciò che era "normale" e che volevo essere.
Solo ora inizio a capire. Solo ora riesco a guardarmi in faccia senza vergogna, a sentire questa "cosa" come parte di me davvero. Inizio a sentirmi... completa.

Ed è una cosa che ancora mi spaventa. Perché se prima mi sentivo parte della parte più visibile del mondo, quella che detiene il potere e che impone le regole, non fosse per una "malformazione" gestibile, ora inizio invece a sentirmi parte della minoranza, quella difficile, che vorrebbe vivere senza dover nascondere o limitare nulla di ciò che è per nascita. E mi sento più vicina, troppo vicina, a chi si sta impegnando per un cambiamento.

E non so che fare. Sempre che si possa fare qualcosa...

Aaron dice di crederci. Dice che tutto questo avrà fine un giorno, che bisogna combattere "dall'interno", adeguandosi alle leggi attuali.

Io non lo so. Non so cosa sia giusto. So che se non avessi visto, se non avessi provato... Avrei continuato a vivere nella convinzione che tutto questo fosse pericoloso e sbagliato. Mentre ora...

Se sia possibile davvero un cambiamento io non lo so. Non riesco a crederci. L'Orbo parla di un sogno. E io non so sognare, ancora.  Solo... Solo che inizio a desiderarlo davvero.