lunedì, maggio 7

Phone call #2

Primo pomeriggio. Complice il cielo nuvolo che sovrasta Philadelphia, non è molta la luce che filtra dalla finestra a oblò che si trova in alto alle spalle del letto, sulla destra. Helen è ancora tra le lenzuola, a ripercorrere la serata precedente, occhi al soffitto e un mezzo sorriso che aleggia sulle labbra chiuse. Il sorriso infine sfuma, mentre le labbra restano contratte in un'espressione vagamente assorta. Infine prende il cellulare dal comodino e fa partire la chiamata.

In sottofondo si sente nitidamente il rumore della strada. Un vociare sommesso e qualche motore che passa e che va. La voce arriva forte e chiara. C'è una nota allegra a colorarne l'intonazione.


A: Ciao Helen! Come stai?

La sua voce invece è morbida e carezzevole, sommessa, una voce che lui ha imparato a conoscere, quella dei loro momenti più intimi. Con un po' di attenzione non è difficile capire che si è appena svegliata.

H: Hey... Buongiorno.

A: Buongiorno - cambia quasi subito registro, adeguandosi a quello di lei.

H: Dormito bene stamattina?

Una mezza risata viene sfiatata a quella domanda.

A: Perché, abbiamo dormito? - scherza, è evidente - Riposato un po', prima del lavoro. Ma poca cosa. Stavo ripassando mentalmente la bella serata. Tu? Dormito bene?

Un lieve sbuffo sfiora il microfono in risposta al suo scherzare. Dall'altra parte si sente ridere sommessamente allo sbuffo di lei, ma è evidente il tentativo di contenersi.

H: Sì, direi di sì... Mi sono appena svegliata

Ancora una volta si intuisce il sorriso, dietro quel parlare languido da primo risveglio.

A: E allora ben svegliata...

H: A proposito di ieri sera.... È stato tutto... perfetto...

Non lo dice, ma un "ma" è ben intuibile nel modo in cui la frase resta sospesa.

Il tono di voce di lui si apre e si fa disteso, sorride anche lui ora.

A: E' stata una gran serata, anche se non sembri convintissima, quindi... 
La vista era deludente, mh?

Palese come la incalzi, senza abbandonare il tono di scherno e gioco tenuto fin lì.

H: Mozzafiato. Come tutto il resto.
Solo... - una pausa prolungata, ma forse non abbastanza da lasciarlo intervenire a colmarla - ...Tu lo sai che non hai bisogno di tutto questo, con me, per andare al dunque, vero? Sorprese costose, idee romantiche... Certo un po' di atmosfera... ma insomma. Credo sia meglio lasciare il cuore fuori da queste cose.

Non parla in modo brusco, il tono è sempre quello di poco prima, e fa intuire come probabilmente non si sia ancora nemmeno alzata dal letto. 

Dall'altra un lungo momento di silenzio e poi una risata, meno contenuta delle altre.

A: Scusa.. Non.. Non sono abituato a tanta schiettezza - si schiarisce la voce e riprende - So benissimo che non ce n'è bisogno. Ma fa tutto parte del mio gioco. Dell'essere così, del dover per forza strafare.

Per me non c'è nessun problema a lasciare il cuore fuori da questa cosa. Lo faccio sempre, non ce lo metto mai.

Quando ci va, quel che ci va. E a me sta bene così.

La voce è calma, distesa.

H: Mh. Si vede che il tuo è più disciplinato. Anche il mio di solito sta al suo posto e non si intromette, ma quando mi accorgo che salta un battito inizio a preoccuparmi...

Quindi promettimi di non farlo. Lasciamolo in pace a fare il suo lavoro. E noi occupiamoci di altro... - Il sorriso malizioso è intuibile nel modo in cui conclude la frase - Anche perché sei una delle poche persone, a parte mia madre e mia sorella, ad avermi vista riccia. E dunque probabilmente ora dovrò ucciderti.

Lui ascolta quieto, il respiro regolare, e da come risponde è intuibile il mezzo sorriso che gli accentua la fossetta sulla guancia.

A: Se senti mancare un colpo, me lo dici e vedrò di tornare l'irreprensibile testa di cazzo che sono di solito, mh?
E stai bene riccia, hai un che di selvaggio che mi piace.

Se ti dico che sono stato bene e che quando vuoi puoi presentarti da me senza preavviso, la prendi male?

Perchè sul serio, non c'è problema a passare del tempo assieme. A farci compagnia. Fin quando ci andrà di farlo.

Una breve pausa di silenzio.

H: ...Ecco... senza preavviso... No. Senza preavviso no, penso che non sia il caso. - Altra pausa, più prolungata - Minimo. Un preavviso minimo direi che può andare.
Anche perché non voglio rischiare di non trovarti e fare il viaggio a vuoto.

Lui ride sommessamente.

A: Helen, se so che stai arrivando, mi faccio trovare a casa sicuramente. A meno che io non abbia altri impegni.
Ma stai pur certa che non mi lascerei trattenere troppo a lungo. E Harold sa già che sei persona gradita a casa mia. Ti farebbe salire, fintanto che io non arrivo.

Ancora una risata silenziosa della donna accarezza il microfono, alla sua promessa.

H: Okay. - Segue un silenzio sospeso, un po' troppo prolungato, poi stiracchiandosi, con la voce in principio alterata di conseguenza - Dai, sarà meglio che mi faccia una doccia e inizi la giornata...
Ci sentiamo Tate. A presto.

Silenzio e poi un fruscio, come se la guancia sfiorasse il dispositivo.

A: Ecco, per la doccia, prossima volta, passa da me.
Sono certo di riuscire ad aiutarti con i punti più ostici. - una risata - Buona giornata miss Jenkins. A presto.

H: Hahahaha - stavolta la risata è piena e ben udibile - Non dubito Tate. E ne riparleremo. Per ora forse ti conviene fartene una da solo. E bella fredda.

Ciao.

Una risata accompagna l'ultimo saluto di lei, un  - Ciao - prima del click di chiusura della chiamata.

Resta ancora qualche attimo con gli occhi sul telefono senza davvero guardarlo, un mezzo sorriso sulle labbra, che poi storce di nuovo rimuginando qualcosa. Alla fine sbuffa un sospiro e si alza, lasciando rimbalzare il cellulare sul materasso, e lascia la stanza.